
PSICOTERAPIA ADLERIANA
“I problemi esistenziali ci mettono continuamente alla prova in ogni età e rivelano il grado del nostro sentimento sociale.” (A.A.)
La Psicologia Individuale detta anche psicoterapia adleriana è stata fondata da Alfred Adler, deriva dalla con una matrice psicoanalitica freudiana, che ha come presupposto di base “l’uomo è una unità mente/corpo indivisibile, originale e coerente nelle sue manifestazioni” l’obietti è una maggiore stabilità e sicurezza. Quando eventi esistenziali improvvisi, relazioni interpersonali negative, insuccessi personali o professionali, imprevisti, modificano l’immagine si sé ed il valore dei propri obiettivi, la persona diviene insicura e disorientata e per questo può avere la necessità di confrontarsi con un psicoterapeuta.
“Il terapeuta ha certamente una prevalenza di ruolo, ma si propone come un essere umano solidale, con sue caratteristiche non mascherate, disposto a offrire la sua esperienza e a confrontare le sue opinioni con quelle del paziente. Nell’ambito di un programma di questo tipo, che esige la spontaneità, non sembrano ammissibili collocazioni spaziali rigide e immobilistiche.”
La relazione tra terapeuta e paziente deve essere libera: “Il paziente che prende l’iniziativa nella comunicazione non deve … essere interrotto per un tempo sufficiente a dargli la garanzia di essere ascoltato, poiché ciò serve ad alleviare la sua ansia”; “Sin dal primo colloquio è importante assicurare il paziente che tutto ciò che racconta o potrebbe raccontare sarà tenuto nella più stretta confidenza”.
Inizialmente, non è importante seguire uno schema preordinato nella raccolta delle informazioni (ciò avverrà successivamente), quanto piuttosto consentire ad entrambe le persone, psicoterapeuta e paziente, di familiarizzare, conoscersi, sintonizzarsi sulla stessa lunghezza d’onda, strutturare un linguaggio comune, accordarsi negli intenti. L’unicità e irripetibilità di ogni persona fa sì che il “trattamento” di ciascun paziente preveda un certo grado di “personalizzazione”: la coppia, costituita dal terapeuta e dal paziente, pur nel rispetto delle indicazioni metodologiche, concorderà, per ciascun caso, le regole dell’accordo terapeutico e le modalità dell’interazione. Il punto focale della terapia adleriana sono i rapporti sociali e vengono come parte della vita psichica di un individuo.
Una corretta psicoterapia adleriana nasce, ricreata ogni volta, ma non improvvisata, dalla nuova coppia paziente/terapeuta, articolandosi creativamente “sulla collaborazione solidale dei due protagonisti, su tempi di sviluppo non rapidi ma già arricchiti dalla reciproca comprensione, su possibili sofferenze e resistenze rese però meno temibili dalla garanzia di una compartecipazione emotiva dell’operatore, sulla progettazione di una propria autonomia, nel contempo salda e aperta allo scambio affettivo-emotivo con l’ambiente”.
La terapia adleriana con base psicoanalitica fa riferimento all’inconscio che viene paragonato all’energia di una nuova macchina e ciò che è cosciente è il lavoro realizzato dalla macchina stessa. L’inconscio è il luogo della psiche in cui vengono relegati tutti i fatti e le opinioni inammissibili per la coscienza del soggetto. Adler descrive, invece, l’inconscio come uno stato della mente, sconosciuto, ma conoscibile, forte, importante nel determinare il comportamento e la sua direzione verso l’obiettivo, tanto quanto lo sono le motivazioni coscienti. I processi inconsci si esprimono, attraverso simboli e metafore, nel ricordo dei fatti accaduti, nelle associazioni spontanee di pensieri ed immagini, nei sogni, nelle fantasie ad occhi aperti. Il sogno, secondo l’interpretazione finalistica adleriana, costituisce un “ponte gettato dall’individuo verso il suo futuro”, un collaudo preventivo di un progetto non ancora ben definito”. Anche i sogni sono in grado di esprimersi solo per “immagini mentali” nelle quali si possono ritrovare assemblati anche più significati simbolici. Sarà preciso compito della psicoterapia decodificare immagini, simboli, metafore e allegorie, ritraducendoli in concetti verbalizzabili, cioè espressi a parole e comprensibili per la coscienza”.
Per la Psicologia Individuale non esistono solo simboli “universali” mediante i quali interpretare il vissuto soggettivo espresso dal sogno. Il simbolo è il prodotto di una “costruzione personalizzata: l’esperienza singolare di ciascun essere umano può assegnare a determinate immagini o situazioni un suo valore privato, capace di distaccarsi”.
“Il lungo viaggio analitico richiede un particolare impegno di collaborazione fra terapeuta e paziente, occorre che i suoi due protagonisti osservino dei punti d’intesa, precedentemente chiariti e accettati nell’accordo analitico… Le situazioni di partenza sono assai diverse e ciascuna di esse richiede un approccio mirato adeguandosi alle sfumature di ogni individuo”.
Dopo aver acquisito le informazioni necessarie a delineare il rapporto tra il piano di vita cosciente e gli obiettivi inconsci, il terapeuta deve gradualmente rendere consapevole il paziente del carattere fittizio della meta e dello Stile della sua vita illustrando i “punti deboli” del suo progetto. In questa fase, che si connota come la più rilevante ai fini del trattam
ento, l’obiettivo è formulare “un nuovo punto di vista”, una nuova interpretazione dei fatti, abbandonando, se possibile, gli aspetti disfunzionali del proprio Stile di vita. Nel setting adleriano, grande importanza è attribuita all’atteggiamento di ascolto empatico del terapeuta, che, come dice Adler deve vedere con i suoi (del paziente) occhi, sentire con le sue orecchie.
I tempi e le modalità di acquisizione sono strettamente personali ed imponderabili; i momenti di incertezza devono essere supportati affinché non determinino scoraggiamento e abbandono del lavoro terapeutico. Adler fa un importante precisazione sulla differenza tra incoraggiare che non è lodare, anzi, è cercare di ottenere il miglioramento, non la perfezione, stimolare, non spingere oltre le reali possibilità, apprezzare più l’impegno che non i risultati, non considerare gli errori come insuccessi, aiutare l’individuo ad avere il coraggio di essere imperfetto. “Il coraggio è soprattutto il modo di sentire e di operare in contrapposizione ai pericoli (effettivi o presunti, ma sempre percepiti come reali) e alle loro conseguenze. Il coraggio, infatti, è una manifestazione di autostima e di sicurezza“. L’incoraggiamento, strumento fondamentale dei trattamenti adleriani, “riattiva la fiducia in se stessi, ristabilisce la capacità di affrontare sia le situazioni contingenti dell’esistenza, che quelle imprevedibili, e non consente mai all’individuo di sentirsi uno sconfitto, neppure in caso di insuccesso nella realizzazione di un progetto”[. Una visione troppo focalizzata sul cambiamento può condurre a frustrazione, viceversa, la percezione del processo evolutivo nella sua globalità consente di verificare i passi compiuti, la distanza percorsa dall’inizio del trattamento, lo spazio ancora da colmare per poter giungere all’obiettivo. “Per una buona riuscita del “processo d’incoraggiamento” è, però, indispensabile che il terapeuta, nell’offrire il suo sostegno solidale, non trascuri l’interpretazione delle cause dello scoraggiamento”
Talvolta la fretta di ottenere risultati, se non vi sono oggettive scadenze improrogabili, è un modo per distogliere dall’operatività. La fretta è una resistenza. Resistenza ad accordarci tutto il tempo di cui abbiamo bisogno, resistenza a concederci uno spazio personale, resistenza a modificare le nostre abitudini. Oppure fatti nuovi e nuove difficoltà oggettive possono ritardare questo processo di trasformazione. Ma non esistono scorciatoie per raggiungere obiettivi importanti. Ciascuna fase dell’analisi del proprio Stile di vita deve essere affrontata, approfondita, compresa, acquisita secondo tempi e modalità diverse e personali.