E come Emergenza

E come Emergenza

Siamo alla lettera E come EMERGENZA. Secondo il dizionario d’italiano per emergenza s’intende quella situazione critica, di grave pericolo che di solito si esplicita con stato di emergenza.

In psicologia per emergenza s’intende quella branca della psicologia che si occupa degli interventi clinici e sociali in situazioni di calamità, disastri ed emergenze; è la disciplina che studia il comportamento individuale, gruppale e comunitario in situazioni di crisi.

La psicologia dell’emergenza nasce in ambito militare, ma con il passare del tempo si sviluppa e si amplia anche in altre circostanze e situazioni.

Secondo l’Ordine Nazionale degli Psicologi la psicologia dell’emergenza è utilizzata

in situazioni critiche fortemente stressanti, che mettono a repentaglio le routine quotidiane e le ordinarie capacità di coping degli individui e delle
comunità di fronte ad avversità di ampia magnitudo, improvvise e urgenti. Esse sono
determinate da eventi di grande dimensione collettiva (maxiemergenze), ma anche da
circostanze gravi ma più circoscritte della vita quotidiana. In generale, ci si riferisce, ad
esempio a: calamità naturali, disastri tecnologici (i Natural-induced Technological
Disasters, dagli incidenti industriali a quelli chimici e nucleari), sanitari (come epidemie o
pandemie, etc.), sociali (come attacchi terroristici, sommosse, migrazioni forzate con forte
presenza di rifugiati, ecc.) o gravi incidenti stradali o sul lavoro, atti delinquenziali di
violenza con persone scomparse, rapite, torturate, conflitti fra stati o etnie, ecc..

La Psicologia dell’emergenza si occupa sia delle persone direttamente coinvolte negli eventi critici (vittime primarie) sia dei loro familiari e amici e delle persone che sono state testimoni dello stesso evento (vittime secondarie) sia dei soccorritori (vittime terziarie) e della comunità ove gli eventi critici si sono verificati. Si occupa anche di previsione e
prevenzione dei rischi e di programmazione e gestione dei soccorsi.

La prospettiva applicativa della Psicologia dell’emergenza ha progressivamente individuato, mediante l’esperienza sul campo, approcci, procedure e strumenti tecnici, scientificamente fondati, per fornire un aiuto concreto nelle situazioni critiche individuali e collettive, svolgendo funzioni diverse già sulla scena dell’evento traumatico:

a) immediato sostegno emozionale e strutturazione e ri-orientamento cognitivo dei vari tipi di vittime dell’evento critico (crisis intervention);

b) diagnosi dello stress acuto (acute stress disorder, ASD) e prevenzione della sindrome posttraumatica da stress (PTSD);

c) facilitazione all’eventuale accesso a servizi psicologici specialistici;

d) preparazione psicosociale dei soccorritori e sostegno alle loro attività. Una specifica attenzione metodologica e pratica è rivolta verso i bambini e adolescenti, anziani, disabili psicofisici, pazienti psichiatrici, fasce sociali deboli, gruppi etnici e culturali minoritari, ecc.

Nei confronti delle vittime coinvolte nella situazione di emergenza l’intervento di primo aiuto psicologico (psychological first aid) o pronto soccorso psicosociale (psycho-social acute care), si caratterizza per la finalità di: alleviare il disagio acuto espresso da risposte emotive normali a situazioni estreme, nelle loro prime fasi di impatto, più che curare specifiche patologie; aiutare le persone a riconoscere le proprie risorse psicosociali per gestire il trauma personale e a recuperare capacità decisionali e di azione; trasmettere speranza e rinforzare aspettative realistiche di soluzione positiva; valutare le necessità di trattamenti ulteriori per categorie di persone a rischio di sequele psicopatologiche gravi, da attuare soprattutto nella fase post-traumatica (follow-up care) mediante counselling psicologico individuale o di gruppo, counselling familiare, gruppi di self-help, psicoterapia, ecc. Un’area specifica di intervento concerne i soccorritori volontari e professionali coinvolti nella gestione dei vari tipi emergenza sia in termini preventivi (formazione psicosociale di base, conoscenza dei rischi psicosociali e delle peculiari risposte psicologiche delle vittime agli eventi traumatici, modalità efficaci di cooperazione interprofessionale, specifici processi di leadership e membership, ecc.) sia durante e dopo l’attività di soccorso (sostegno psicologico, desensibilizzazione e interventi sullo stress professionale e il rischio di burn-out, ecc.). Lo psicologo dell’emergenza si inserisce nel sistema di gestione delle emergenze che coinvolge numerosi e differenti professionisti (medici, infermieri, operatori del 118, educatori, operatori degli enti locali e del sistema sanitario nazionale, ecc. ) e attori istituzionali (le forze dell’ordine, i vigili del fuoco, i militari, la polizia di stato, la Croce rossa, la protezione civile, ecc.) e organizzazioni di volontari. Pertanto, oltre ad assumere un’ottica di collaborazione interdisciplinare nell’ambito di équipe multi-professionali e a conoscere le logiche di intervento e dell’organizzazione dei soccorsi, fornisce uno specifico contributo professionale per coordinare le risorse e gli interventi nei centri presenti in varie zone del territorio, per assistere le persone coinvolte nel disastro e monitorare la loro situazione psichica, per programmare, insieme agli altri servizi locali, interventi a medio e lungo termine.

Per essere uno psicologo dell’emergenza serve avere una buona capacità di ascolto ma anche “sangue freddo” nelle situazioni di pericolo, conoscersi bene per non creare disagio in una situazione considerata non di routine, e come dicono in gergo militare “allenarsi in tempo di pace, in modo da saper agire durante la guerra o l’emergenza”.

Personalmente non ho mai partecipato ad una maxi emergenza, facendo parte del CISOM (Corpo Italiano di Soccorso Ordine di Malta), ho partecipato ad un esercitazione di maxi emergenza a Milano diciamo che la confusione è tanta ed anche lo spavento delle persone è tanto…..ed era un esercitazione…..figuriamoci la realtà….

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