Iniziato il nuovo anno….eccoci di nuovo all’appuntamento mensile con l’alfabeto della psicologia….siamo alla C…come carezza.
La definizione di carezza in italiano è “Tenera dimostrazione di amorevolezza o di benevolenza manifestata con atti, ma più comunemente fatta lisciando col palmo della mano”.
In psicologia, in particolare in Analisi Transazionale per carezza s’intende qualsiasi atto di riconoscimento è definito carezza.
Il fondatore dell’Analisi Transazionale, Eric Berne descrive alcuni bisogni familiari a tutti gli individui; tra questi, il più arcaico è il bisogno di stimoli. Per stimoli s’intendono alle stimolazioni fisiche che a quelle mentali. Ognuno di noi ha bisogno di essere toccato e di essere riconosciuto dagli altri. Tale bisogno, secondo l’analisi transazionale, può essere definito come “fame di carezze”, cioè di qualsiasi atto che implichi il riconoscimento dell’altro. Possono essere date carezze in forma di reale contatto fisico o in qualche forma simbolica di riconoscimento, come uno sguardo, una parola, un gesto o qualsiasi azione che significhi “so che ci sei”. Si possono, per esempio, passare minuti, ore o una vita intera cercando carezze in molti modi, oppure trascorrere minuti, ore o una vita intera cercando di evitare le carezze, rinchiusi in se stessi.
Le carezze posso essere Positive o negative ; tutto dipende da quale tipo di carezza la persona è abituata a ricevere ad esempio: se ad un bambino è stato sempre stato sempre detto che era brutto, da adulto non crederà mai ad una persona che gli dice che è bello, oppure una bambina che viene ascoltata solo quando inizia a gridare da grande la bambina farà in modo che se parla a bassa voce non verrà ascoltata solo nel momento in cui griderà verrà ascoltata dagli altri. Quindi si può affermare che da adulti le persone creeranno la circostanza per far in modo che attengano le stesse carezza a cui sono stati abituati da piccoli. Se in una relazione non otteniamo alcuna carezza dagli altri ci sentiamo soli e privi di valore: per questo motivo sin da bambini impariamo che, piuttosto che nessuna carezza, ovvero l’indifferenza, è preferibile ricevere anche carezze negative. Questo per esempio è ciò che fanno i bambini capricciosi ed oppositivi che, attraverso comportamenti lamentosi o aggressivi, escogitano un modo per essere considerati seppur attraverso modalità irritanti e sgradevoli. Come dire “se non mi vedi per darmi affetto ed ascolto almeno mi vedrai sgridandomi!”.
Infatti per qualsiasi essere umano, l’attenzione negativa è più facile da tollerare (anche punizioni e critiche) piuttosto che la non attenzione dell’essere completamente ignorati.
Esistono vari tipi di carezze:
1. Verbali o Non verbali. Le carezze verbali vanno dal semplice “Ciao!” a una conversazione completa. In sostanza, questo tipo di carezze include tutti quei segni di riconoscimento che le persone possono darsi attraverso le parole; dunque, esempi di carezze verbali possono essere rappresentati anche dagli insulti o dai complimenti. Le carezze non verbali sono dei segnali che non richiedono le parole, come i sorrisi, gli abbracci, o anche i maltrattamenti fisici. Come vedremo tra breve, infatti, il termine carezze non è da intendersi solo in senso positivo, come lascerebbe pensare ingenuamente la parola.
2. Condizionate o Incondizionate. Le carezze condizionate sono dei riconoscimenti per ciò che le persone fanno (un compito, un comportamento, ecc.), mentre quelle incondizionate si riferiscono a ciò che le persone sono, alla loro esistenza, a prescindere da quello che fanno e agiscono. Questo tipo di carezze possono essere positive o negative, ed essere manifestate a livello verbale o non verbale. Dire “Ti amo” alla persona cara è un esempio di carezza incondizionata positiva e verbale; fare una smorfia di disgusto osservando il lavoro realizzato da un’altra persona, è un esempio invece di carezza condizionata negativa e non verbale.
Le carezze sembrano molto simili ai bisogni ma c’è una netta differenza i bisogni sono fondamentali per vivere se non vengono soddisfatti si può arrivare anche alla morte, la non soddisfazione delle carezze porta ad un senso di solitudine e deprivazione affettiva.
Nella società esistono 5 regole dette economia delle carezze che vengono tramandate di generazione in generazione e sono:
- ‘Non dare carezze quando ne hai da dare’: questa regola ci porta a trattenere i nostri riconoscimenti nei confronti degli altri per timore di essere derisi o rifiutati.
- ‘Non chiedere carezze quando ne hai bisogno’: ciò può creare un vero e proprio vuoto di riconoscimento dentro di noi, se non stiamo attenti.
- ‘Non accettare carezze se le vuoi’: questa regola ci porta a rifiutare riconoscimenti e complimenti facendo finta di non sentire, svalutando il valore di ciò che ci viene detto (magari giustificandoci con pensieri del tipo: “ha un secondo fine”, “l’ha detto tanto per…”, “l’ha detto ma non lo pensa”, “l’ha detto ma siccome è un familiare e non conta”, “l’ho chiesto io perciò, non essendo spontaneo, non vale”).
- ‘Non rifiutare carezze se non le vuoi’: talvolta ci sentiamo costretti ad accettare carezze negative, finte o di “plastica” anche quando non le vogliamo (per esempio quando accettiamo insulti, critiche ingiustificate…).
- ‘Non dare carezze a te stesso’.
Per far in modo che noi stessi possiamo recepire meglio le carezze che ci vengono date e che noi stessi possiamo dare carezze in modo proficuo si può:
- Dare le carezze che vogliamo dare agli altri: carezze positive e feedback utili affinché l’altro possa migliorare – e non sterili critiche. Talvolta viene visto come un pericolo elargire carezze positive agli altri; invece la circolazione di carezze positive non fa che aumentare il benessere delle persone, colma il profondo
desiderio di riconoscimento ed evita l’innescarsi dei conflitti. Diventa di conseguenza un bene anche per noi.
- Chiedere carezze di cui si ha bisogno: sul fare, sulle nostre competenze e su di noi, sul nostro essere, in quanto persona.Non è infatti vero che le carezze che rispondono a una specifica richiesta abbiano meno valore di quelle spontanee. Fa parte, invece, dell’essere Adulti, la capacità di chiedere in maniera franca e aperta le carezze desiderate, accettando il rischio che l’altro possa rifiutarsi di dare la carezza richiesta e in tal caso attivarsi in un altro modo per soddisfare il proprio bisogno di carezze positive.
- Accettare le carezze che ci vengono fatte: specie quelle positive sul nostro ‘essere’. Rifiutarle è una posizione psicologica malsana che porta a respingere le relazioni e la generosità altrui.
- Rifiutare le carezze che non desideriamo: specie quelle negative che non promuovono alcuna crescita e fanno solo male. Nella realtà le persone non sempre si comportano come vogliamo noi, possiamo essere consapevoli che è nostro diritto rifiutarle s ci infastidiscono o rinegoziarle, in base ai nostri bisogni.
- Darsi carezze positive: essere capaci di auto-sostegno, le carezze interne, cioè la capacità di riconoscere le proprie qualità e capacità, nutrono il benessere, come le carezze esterne, rappresentano un’importante fonte di riconoscimento.
È necessario allenarsi a dare e accogliere riconoscimenti, a partire dalle relazioni più intime e significative, sino a che non diventi una prassi naturale.
Privarsi e privare gli altri di carezza porta ad aumentare e provare solo : rabbia e frustrazione.
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