Psicologia, Sport e Disabilità (1°parte)

Psicologia, Sport e Disabilità (1°parte)

L’idea di questo di questo articolo nasce da un webinair presentato all’Ordine degli Psicologi del Lazio insieme a Matteo Simone, psicologo psicoterapeuta gestaltista e grande sportivo.

La prima cosa che ci sentiamo di puntualizzare con Matteo è la definizione di disabilità “disabile o handicap è la condizione di chi in seguito ad una o più menomazioni ha una ridotta capacità d’interazione con l’ambiente sociale rispetto a chi è considerato nella norma, pertanto è meno autonomo nello svolgere le attività quotidiane e spesso in condizione di svantaggio nel partecipare alla vita sociale” (Galimberti, 2008).

Oltre alla definizione di disabilità va chiarita anche la definizione di menomazione intesa come perdita o anormalità fisiologica, fisica o psicologica e rappresenta uno stato patologico, se la disfunzione è congenita di parla di minorazione. Per disabilità si intende una limitazione nella capacità di agire dovuta ad una minorazione o menomazione. Per handicap, che forse è la parola più utilizzata anche in maniera impropria, si intende rappresenta uno svantaggio sociale della persona con disabilità.

L’Organizzazione Mondiale della Sanità (OMS) nel 1980 crea una prima classificazione ponendo l’attenzione sulla disabilità, la mancanza della persona creando l’International Classification of Impairmentes disabilies and handicaps. Nel 1990 e poi nel 2001 l’OMS crea una nuova classificazione International Classification of Functioning ponendo l’attenzione non sulle mancanze ma su ciò che benessere psicofisico. In questa nuova classificazione la disabilità è un termine ombrello che identifica le difficoltà di funzionamento della persona sia a livello personale che nella partecipazione sociale; in questa nuova classificazione vengo presi in considerazione l’interazione sociale, la parte biologica, personale e sociale.

La persona disabile vive con profondi cambiamenti nel caso si parli di perdita di un arto oppure la diagnosi di una malattia degenerativa, quindi nella percezione del proprio corpo nello spazio ma anche con la sensazione di piacere e dolore. L’accettazione del proprio cambiamento a livello fisico avviene su più piani:

  • Piano Cognitivo: attraverso la conoscenza del proprio corpo nello spazio, nel tempo la velocità;
  • Piano Fisico: aumentando la forza muscolare, la capacità di equilibrio e la coordinazione motoria;
  • Piano Sportivo: acquisendo conoscenze sulle diverse sulle pratiche sportive e sulle proprie possibilità di praticare o meno alcuni sport, aumentando la collaborazione e l’interazione sociale sia in sport praticati individualmente sia in quelli di gruppo;
  • Piano Psicologico: la pratica sportiva porta ad un benessere fisico e ad una soddisfazione nelle nuove capacità e possibilità acquisite che porta alla gestione di stati d’animo ed alla gestione della capacità di autocontrollo;
  • Piano Socio – Educativo: l’impegno durante gli allenamenti e la costanza portano ad una maggior autonomia, al rispetto dell’avversario, insegnando il coraggio, promuovendo la lealtà, favorendo la socializzazione, l’aggregazione, integrazione, superando paure e pregiudizi personali.

Per tutti questi fattori sopra elencati è importante che la persona scelga lo sport più adatto a se stesso in modo che sia in sua funzione e non viceversa.

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